A chi è rivolto

Ai cittadini stranieri maggiorenni discendenti di cittadini italiani.

Descrizione

Per cittadinanza italiana iure sanguinis si intende la cittadinanza italiana derivante da una discendenza italiana, da un avo/a (più o meno lontano) cittadino/a italiano/a, nato in Italia e successivamente emigrato all’estero. Tale parente dovrebbe avere trasmesso la propria cittadinanza italiana ai suoi discendenti, giungendo fino all’odierno/a richiedente.

Il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis è finalizzato ad accertare la trasmissione della stessa cittadinanza lungo la linea di discendenza, attraverso l’esame degli atti di stato civile delle persone interessate.

La competenza ad effettuare il riconoscimento della cittadinanza italiana è del Sindaco del Comune dove l'interessato ha stabilito la residenza.

Quando la persona vive all’estero e non è iscritto anagraficamente in alcun Comune italiano, invece, la competenza è del Consolato italiano all’estero di riferimento per il luogo di residenza.

Si precisa che per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis non è possibile:

  • l'iscrizione anagrafica quale persona senza fissa dimora, in quanto requisito indispensabile per l'iscrizione anagrafica è la dimora abituale e non il domicilio, e la circolare k.28.1/1991 non fa riferimento all'art.2 della L. n. 1228/1954, ma all'art.3 del d.P.R. n. 223/1989;
  • l'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea poiché tra i motivi richiesti dalla normativa per tale iscrizione non vi è quello relativo al riconoscimento della cittadinanza, ed inoltre la circolare k.28.1/1991 non fa alcun riferimento all'art.8 della L. n. 1228/1954;
  • avvalersi di un legale rappresentante del richiedente o di qualcuno in sua vece, in quanto dovrà essere verificata la dimora abituale dell'interessato.

La cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente, oltre ai casi di emigrazione o morte, può avvenire per:

  • irreperibilità accertata;
  • mancanza del permesso di soggiorno o mancato rinnovo dello stesso.

Il Ministero dell’Interno con proprie Circolari n. 26 del primo giugno 2007 e la n. 4 del 20 gennaio 2009, ha sottolineato l’importanza che gli ufficiali di stato civile prestino la massima attenzione «nell’acquisizione e nella valutazione dei documenti che vengono presentati ai fini dell’acquisizione della cittadinanza italiana per discendenza ... al fine di contrastare e prevenire il fenomeno della falsificazione degli atti nell’ambito delle procedure in materia di cittadinanza. Tanto considerato si ribadisce la necessità dell’effettuazione di maggiori e più accurati controlli sui documenti presentati a corredo delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza italiana.».

Pertanto, l’ufficiale di stato civile deve sempre effettuare verifiche approfondite relativamente agli atti prodotti, ed, in caso di dubbio, prendere contatti con il Consolato competente per accertare la veridicità del documento presentato.

Si precisa che la documentazione a supporto del riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è valutata dagli uffici competenti solo a seguito della presentazione di regolare richiesta di riconoscimento della stessa da parte delle persone già iscritte nell'Anagrafe del Comune.

La documentazione presentata a supporto della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana, NON verrà restituita al richiedente in nessun caso, sia che l'esito del procedimento sia positivo sia che l'esito sia negativo. Il richiedente, invece che i documenti originali, può in alternativa presentare copie autenticate degli stessi, in regola con l'imposta di bollo.

Come fare

Per la richiesta di residenza è necessario rivolgersi all'Ufficio Anagrafe.

Per il riconoscimento della cittadinanza italiana è necessario rivolgersi all'ufficio di stato civile.

Cosa serve

La procedura per l'iscrizione anagrafica

I documenti da presentare al momento della presentazione della domanda di iscrizione in anagrafe sono i seguenti:

  1. istanza di iscrizione anagrafica;
  2. passaporto o documento equipollente in corso di validità;
  3.  un valido titolo di soggiorno tra quelli seguenti:
    • permesso di soggiorno;
    • richiesta di rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o ricongiungimento famigliare;
    • per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da un paese che non applica l'accordo di Schengen, il timbro Schengen sul documento di viaggio apposto dall'autorità di frontiera;
    • per coloro che sono entrati in Italia da meno di 45 giorni e che provengono da paesi che applicano l'accordo di Schengen, copia della dichiarazione di presenza resa dal Questore entro 8 giorni dall'ingresso, ovvero della dichiarazione resa, ai sensi dell'art.109 del r.d. n.773/1931, ai gestori di esercizi alberghieri e di altre strutture ricettive;
  4. documentazione idonea a dimostrare il possesso dei requisiti necessari per poter avviare il procedimento finalizzato al riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi dell'art.13, c.1, della L. n.91/1992 (vedi punti successivi);
  5. documenti originali, in regola con le norme sulla traduzione e la legalizzazione, comprovanti lo stato civile e la composizione della famiglia (si tratta di documentazione non obbligatoria ai fini dell'iscrizione anagrafica, che però risulta indispensabile affinché l'ufficiale d'anagrafe possa legittimamente registrare agli atti i dati gli status personali e familiari);
  6. dichiarazione se si è in possesso di una patente valida in Italia e la proprietà di auto, moto, rimorchi, navi o aerei, registrati nei pubblici registri italiani.

L'iscrizione anagrafica è subordinata, prioritariamente, alla verifica di alcuni requisiti, in particolare quello della dimora abituale, pertanto l'ufficiale di anagrafe dovrà controllare la veridicità delle dichiarazioni dell'interessato attraverso accertamenti, anche ripetuti presso l’abitazione dichiarata dal richiedente, tramite il corpo della Polizia Locale, mediante l'acquisizione di informazioni da parte di amministrazioni e uffici pubblici e privati. In mancanza di uno dei requisiti richiesti, l'ufficiale di anagrafe dovrà rigettare l'istanza di iscrizione anagrafica.

Qualora il procedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana non si concluda entro i primi 90 giorni dall’ingresso in Italia, il cittadino straniero dovrà richiedere, se non ne fosse già in possesso, un permesso di soggiorno per riconoscimento della cittadinanza italiana (art.11, c.1, lett. c del d.P.R. n. 394/1999).

Una volta iscritto all'anagrafe, lo straniero inizierà il procedimento per il riconoscimento della cittadinanza italiana, presentando i documenti necessari.

Presentazione della domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana

Prima di recarsi all'Ufficio di Stato Civile è necessario prenotare un appuntamento.

Documentazione da consegnare il giorno dell'appuntamento:

  1. estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero rilasciato dal comune italiano ove egli nacque;
  2. atti di nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti in linea retta, compreso quello della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
  3. atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di traduzione ufficiale italiana se formato all’estero;
  4. atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori della persona che chiede il riconoscimento della cittadinanza italiana;
  5. certificato rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato Estero di emigrazione, munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente dell’interessato;
  6. certificato rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che né gli ascendenti in linea retta né la persona che richiede il riconoscimento della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555 e della legge 5 febbraio 1992 n. 91;
  7. certificato di residenza.
  8. passaporto (con regolare visto apposto dalla nostra Autorità all'estero, avrà un timbro d'ingresso, che dà la decorrenza dei 3 mesi, apposto dalla nostra Polizia di frontiera nell'aeroporto italiano in cui la persona è atterrata, in caso abbia volato direttamente dal Sud America (o da altro Stato extra Schengen) all'Italia.  Dovesse invece aver fatto scalo in un altro Paese Schengen , di cui l'Italia fa parte (ad esempio la Spagna), all'arrivo in Italia dovrà entro 8 giorni recarsi in Questura per effettuare la dichiarazione di presenza.
  9. domanda per riconoscimento cittadinanza iure sanguinis.

I documenti di stato civile di cui ai punti da 1 a 5, devono essere tradotti integralmente e legalizzati, e devono riguardare di tutta "la catena": dall'avo, cioè il parente partito dall'Italia e fino al rivendicante il possesso della cittadinanza per sangue ("di morte" ovviamente solo per chi è già deceduto), e il certificato di non naturalizzazione straniera (con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui l'avo è indicato sugli atti di stato civile), o certificato di naturalizzazione con data di acquisto della cittadinanza straniera ben chiara (diversamente è necessario presentare copia della sentenza di naturalizzazione straniera da cui risulta la data del giuramento), che deve essere successiva alla nascita del figlio, nonché ascendente dell’istante.

Inoltre, se il richiedente fosse a conoscenza di un'eventuale naturalizzazione di un altro membro della "catena", o se uno di questi si fosse trasferito in un altro Stato, anche per lui certificato di non naturalizzazione (sempre con tutti i possibili cognomi/nomi/alias in cui egli è indicato sugli atti di stato civile), o di naturalizzazione con data chiara, a seconda del caso. I certificati di cui al punto 6 e 7 sono acquisiti dall’ufficio. Eventuali sentenze devono poi essere prodotte a corredo dell'istanza, in regola con le formalità di traduzione e legalizzazione.

La validità temporale dei documenti stranieri

Secondo un parere del 2016 dell'Ufficio III della Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, competente per le questioni attinenti alla cittadinanza, la validità dei documenti e certificati stranieri è da considerarsi analoga a quella prevista per i documenti italiani, prevista dall'art. 41 del d.P.R. 445/2000, in cui è affermato che: " I certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni hanno validità illimitata. Le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla data di rilascio se disposizioni di legge o regolamentari non prevedono una validità superiore.".

Pertanto è indispensabile chiarire cosa si intenda per documento "non soggetto a modificazioni", e in linea generale si possono dare le seguenti indicazioni:

  • i certificati e gli atti di morte hanno validità illimitata;
  • tutta la documentazione relativa a persone decedute e rilasciata in una data successiva al loro decesso, ha validità illimitata;
  • tutta la rimanente documentazione ha validità di 6 mesi.

Si tenga comunque presente che, non avendo la normativa italiana previsto un elenco esaustivo dei documenti che abbiano validità illimitata, la definizione di documento "non soggetto a modificazioni" può essere oggetto di valutazione da parte del pubblico funzionario che riceve la documentazione, e in ogni caso, in presenza di dubbi rispetto ai dati contenuti nella documentazione presentata (in particolare se riguarda persone viventi e la documentazione non sia recente, anche se relativa d atti e certificati di morte o documenti di persone decedute), può essere richiesto alle autorità straniere la verifica della validità di tali dati (e in questo caso il procedimento per il quale è stata richiesta la documentazione viene sospeso fino alla risposta dell'autorità straniera), oppure potrebbe essere considerata non ricevibile qualora sia stata rilasciata da oltre 6 mesi.

Discordanze tra gli atti presentati

In caso ci siano nomi, cognomi, date di nascita, età errati, altri errori, incongruenze e più in generale mancanza di corrispondenze sugli atti di stato civile, queste discordanze vanno rettificate dall’Autorità Straniera.

Relativamente alle discordanze, si ricorda quanto disposto dalla Direzione Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Ministero dell’interno e comunicato a questo Ufficio con nota prot. n. 9511 del 14/03/2014: “…condizione imprescindibile per poter procedere al riconoscimento in via amministrativa dello status civitatis jure sanguinis nei confronti di discendenti italiani emigrati all’estero è la dimostrazione inequivocabile documentalmente comprovata, della discendenza di costoro dal soggetto originariamente investito dello status di cittadino … attese le numerose discordanze esistenti tra gli atti prodotti che non hanno consentito una sicura ricostruzione della discendenza, né l’acquisizione di elementi certi sulle vicende di cittadinanza degli avi dell’interessato… solo le Autorità straniere possono sanare le predette discordanze attraverso l’effettuazione delle opportune verifiche, ove ne sussistano i presupposti”.

L’Ufficiale di Stato Civile è un’autorità amministrativa che si avvale, nello svolgimento dei suoi compiti, di prove esclusivamente documentali e quindi necessita degli atti indicati per legge e non può prestarsi a “interpretare” quanto ricevuto; ai sensi dell’art. 9 del d.P.R. 396/2000 “l’ufficiale dello Stato Civile è tenuto ad uniformarsi alle istruzioni che vengono impartite dal Ministero dell’interno”.

Le discordanze riscontrate verranno comunicate agli interessati secondo quanto previsto dalla L. n. 241/1990, che regolamenta il procedimento amministrativo; in base a quanto previsto dall’art. 10 bis si procederà a comunicare quanto, negli atti di Stato Civile stranieri, dovrà essere rettificato dall’Autorità Straniera.

Se entro dieci giorni dalla notificazione le correzioni richieste non verranno effettuate, si procederà, ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 396/2000, al rifiuto della domanda.

Accertamento delle condizioni da parte dell'Ufficiale dello Stato Civile

  1. Il richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana sia effettivamente discendente da cittadino italiano.

Il Regno d’Italia fu costituito il 17 marzo 1861. Il Veneto entrò a farne parte nel 1866, ed il Friuli Venezia Giulia dal 16 luglio 1920.

Gli uffici di stato civile sono stati costituiti nel Regno dal primo gennaio 1866, mentre nel Veneto dal primo settembre 1871 e nel Friuli Venezia Giulia e in Trentino dal primo settembre 1924.
L’avo dal quale deriva la cittadinanza italiana del richiedente deve essere nato successivamente alla data di costituzione del Regno d’Italia, o alla data di annessione degli altri territori. Se è nato prima, e poi si è trasferito all’estero, occorre verificare la data della sua morte, che deve essere avvenuta successivamente alle sopraindicate date: in tal caso l’avo è deceduto come cittadino italiano, potendo quindi trasmettere il nostro status civitatis.

Se la morte, al contrario, è avvenuta in data antecedente, l’avo è morto come cittadino straniero facente parte dello Stato da cui era partito, e quindi anche i suoi discendenti sono rimasti stranieri.
Se l’avo è nato prima della istituzione degli uffici di stato civile e, quindi, non è possibile avere il suo atto di nascita, l’interessato deve presentare il certificato di battesimo rilasciato dalla parrocchia, autenticato dalla Curia Vescovile competente. Occorre solo per verificare che lo stesso sia nato su territorio italiano o che è stato annesso al Regno (Ministero dell'Interno - Massimario dell'Ufficiale di Stato Civile anno 2012)

Per questo accertamento il richiedente deve presentare:

  • L’estratto dell’atto di nascita dell’avo emigrato;
  • Gli atti di nascita di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente;
  • Gli atti di matrimonio dell’avo emigrato e di tutti i discendenti, compreso quello del richiedente, se coniugato;
  • L’atto di morte dell’avo emigrato che sia nato prima della costituzione del Regno d’Italia. Tale atto, benchè non indicato nella circolare del 1991, serve a verificare che il decesso sia avvenuto dopo il 17 marzo 1861.

Gli atti di stato civile formati all’estero debbono essere presentati in regola con le norme sulla traduzione e sulla legalizzazione, o apposizione del timbro di cui alla convenzione dell’Aja del 5 ottobre, almeno che non ci siano convenzioni che esentano da tali formalità.

In vigenza dell’art. 1 della abrogata legge 13 giugno 1912, n. 555, la cittadinanza veniva trasmessa solo per via paterna; la madre poteva trasmetterla solo in particolari situazioni. Solo nel 1983 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale tale articolo, stabilendo che la cittadinanza italiana potesse essere trasmessa anche dalla madre, con decorrenza dal primo gennaio 1948.

Alla luce di ciò l’ufficiale di stato civile nell’esaminare gli atti presentati dal richiedente il riconoscimento deve prestare attenzione alle date di nascita dei discendenti dell’avo, e, se sono nati da madre prima del primo gennaio 1948, essi non sono italiani, e la trasmissione della cittadinanza si è interrotta.

Può capitare che il richiedente non possa produrre un atto di nascita dei discendenti, in quanto mai formato nel Paese straniero, oppure presenti un documento denominato «negativo di nascita». In mancanza di tale atto non si può procedere, perché non si può verificare la continuità della discendenza. In questi casi l’ufficiale di stato civile deve rifiutare la richiesta di riconoscimento indicando i motivi del rifiuto.

Gli interessati potranno veder soddisfatta la loro richiesta soltanto rivolgendosi alla autorità giudiziaria.

  1. La trasmissione della cittadinanza italiana non si sia interrotta per la naturalizzazione straniera dell’avo prima della nascita del suo discendente diretto.

Per verificare tale requisito il richiedente deve presentare un certificato rilasciato dall’autorità straniera competente dal quale risulti che l’avo italiano emigrato non si sia naturalizzato, cioè non abbia acquistato la cittadinanza dello Stato estero di emigrazione. Anche tale documento deve essere in regola con le formalità della traduzione e legalizzazione.

Nel caso sia avvenuta la naturalizzazione, l’avo ha perso la cittadinanza italiana, e, pertanto, ha interrotto la trasmissione della stessa ai suoi discendenti, che sono rimasti in possesso solo della cittadinanza straniera «iure loci».

Interruzione della cittadinanza italiana per il figlio minore quale conseguenza dell'acquisto della cittadinanza straniera da parte del padre

Con l'ordinanza n. 454 dell'8/01/2024, la Corte di Cassazione ha ridefinito, restringendone il perimetro, i requisiti perché si possa ritenere trasmessa ed acquisita la cittadinanza italiana ai figli di cittadini italiani nati all'estero, per cessazione della catena genealogica.

La Corte è intervenuta fornendo una nuova interpretazione degli articoli 7 e 12 dellaL. n.555/2012, i quali, che permettevano il mantenimento della doppia cittadinanza (italiana e straniera) a favore di chi fosse italiano per discendenza (jure sanguinis) e nel contempo avesse acquisito anche una seconda cittadinanza straniera secondo l'ordinamento giuridico dello Stato di nascita (jure soli) anche nel caso in cui durante la sua minore età il padre si fosse naturalizzato nello Stato straniero rinunciando, "per atto impulsivo volontario" , alla cittadinanza italiana, venendo in questo modo ad arrestare in modo irrimediabile la necessaria catena genealogica che consentirebbe il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza.
In precedenza i pubblici uffici e la giurisprudenza maggioritaria si erano espresse per il mantenimento della cittadinanza italiana nei confronti del minore il cui padre aveva acquisito una cittadinanza straniera.

Due precise circolari del Ministero dell'Interno (n. K28.1 dell'8/04/1991) e del Ministero degli Affari Esteri (n. 9 del 4/07/2001) consentivano che chi fosse nato allo stesso tempo italiano jure sanguinis da genitore italiano ma anche straniero, o per nascita sul territorio di altro Stato che applica l'attribuzione di cittadinanza jure soli o per discendenza dal secondo genitore straniero, mantenesse la cittadinanza italiana.

Il motivo di queste interpretazioni ministeriali consisteva nel fatto che il Consiglio di Stato aveva ritenuto che quest'ultima casistica non potesse ricadere nell'ambito di applicazione dell'art. 12 della legge n. 555/1912, ma dovesse regolarsi alla luce dell'art. 7 delle legge n. 555/1912, secondo cui "il cittadino italiano nato e residente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza italiana".

La nuova interpretazione giurisprudenziale offerta dalla Cassazione si basa, sostanzialmente, su due cardini:

  • lo scopo che intendevano perseguire le norme esaminate non poteva concepire che una persona si dichiarasse suddito in più Stati diversi, dovendo assicurare la propria lealtà in via esclusiva allo Stato sovrano;
  • le norme italiane prestano attenzione, da una parte, a che siano prevenuti e scongiurati eventuali casi di apolidia, premurandosi di non privare della cittadinanza italiana chi non ne possegga una seconda; d'altra parte, invece, è del tutto irrilevante che il minore abbia già la cittadinanza straniera al momento della naturalizzazione del padre o che acquisti insieme a lui una cittadinanza straniera. All'ordinamento italiano, con l'unico fine, appunto, di prevenire il rischio di apolidia, interessa solo se il minore sia o meno anche straniero, non considerando invece le modalità e i termini con cui il minore abbia acquisito la cittadinanza straniera secondo le leggi dello Stato estero.
  1. La trasmissione della cittadinanza non si sia interrotta per rinuncia alla cittadinanza stessa espressa da un ascendente del richiedente, o dal richiedente stesso.

Il punto 2 dell’art. 8 della abrogata legge 555/192 specificava che: «Perde la cittadinanza ... chi, avendo acquistato senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera, dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana e stabilisca o abbia stabilito all’estero la propria residenza».

Occorre, pertanto, verificare che un ascendente del richiedente, o il richiedente stesso, non abbia dichiarato di rinunciare alla nostra cittadinanza.

A questo punto è l’ufficiale di stato civile che, dopo aver ottenuto tutta la documentazione, deve chiedere al Consolato competente per residenza del richiedente e dei suoi ascendenti una attestazione dalla quali risulti che nessuno (dall’avo italiano emigrato al richiedente il riconoscimento della cittadinanza) abbia mai espresso rinuncia alla cittadinanza italiana:

  • Per verificare correttamente quale sia il Consolato competente a cui richiedere la sopracitata attestazione, è indispensabile che nel presentare la richiesta per il riconoscimento della cittadinanza italiana, l’interessato sia quanto più possibile preciso nell’indicare i luoghi di residenza e di formazione degli atti di stato civile di se stesso e dei suoi ascendenti.
  • Al fine del riconoscimento della cittadinanza italiana ai sensi della circolare ministeriale K.28.1 dell’8 aprile 1991, si ritiene che, qualora un Consolato, al quale si sia rivolto un Comune italiano per conoscere se una o più persone abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana, comunichi che quelle persone non sono conosciute alla rappresentanza diplomatica, tale risposta sia compiutamente soddisfacente. Infatti, se un soggetto non è conosciuto alla rappresentanza diplomatica e non esiste un fascicolo a lui intestato, significa che non ha rinunciato alla cittadinanza.
Cosa si ottiene

L'iscrizione nell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e, successivamente, il riconoscimento della cittadinanza italiana quale discendente di cittadino italiano.

Tempi e scadenze

Nessuna Scadenza

Per l'iscrizione anagrafica si rimanda alla pagina del presente sito in cui viene illustrata la procedura.

Per la cittadinanza iure sanguinis, i tempi sono quelli previsti dal Regolamento Comunale sul Procedimento Amministrativo:

  • per i procedimenti di riconoscimento presso l'ufficio di stato civile del Comune - 180 giorni, al netto dei tempi di risposta dei Consolati Italiani all'estero (Delibera del Consiglio Comunale n. 49 del 18.12.2023);
  • per i procedimenti di trascrizione di ordinanze e atti provenienti dai Tribunali italiani - 180 giorni. (Delibera del Consiglio Comunale n. 49 del 18.12.2023).

Per il rilascio di certificati ed estratti ai fini dell'acquisto della cittadinanza italiana, i tempi sono quelli previsti dall'art. 14 c.2-bis del D.L. n.113/2018, come convertito con L. n.132/2018, e dalla Circolare del Ministero dell’Interno, Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, Direzione centrale per i diritti civili la cittadinanza e le minoranze del 25/01/2019 prot. 666 ovvero 6 mesi dalla data della richiesta.

Costi

Per assolvere gli obblighi relativi all’imposta di bollo occorre una marca da bollo di € 16,00 per la domanda.

Con Deliberazione di Giunta Comunale n. 1 del 14/01/2025 è stato istituito e quantificato il contributo amministrativo dovuto per le domande di riconoscimento della cittadinanza italiana e per le richieste di certificati ed estratti di stato civile formati da oltre un secolo e relative a persone diverse dal richiedente. 

Pertanto si precisa quanto segue:

  • domande di riconoscimento della cittadinanza, con esclusivo riferimento al riconoscimento della cittadinanza italiana "jure sanguinis", circolare k.28.1 dell’8 aprile 1991: contributo € 600,00
  • richieste di certificati o di estratti di stato civile formati da oltre un secolo e relativi a persone diverse dal richiedente: contributo € 300,00
  • richieste corredate dell’identificazione esatta dell’anno di formazione dell’atto e del nominativo della persona cui l’atto si riferisce: contributo € 300,00
  • di dare atto che il pagamento avverrà esclusivamente mediante l’utilizzo del sistema PagoPA
  • di dare atto che il pagamento dei contributi suddetti è condizione di procedibilità delle rispettive domande; 
  • si applica indipendentemente dalla forma della certificazione finale, cartacea o digitale, formata secondo il diritto interno o secondo convenzioni internazionali ecc.; 
  • non è un diritto sul certificato o estratto (come ad esempio i diritti di segreteria), ma sulla domanda e, pertanto, deve essere già stato assolto all’atto della presentazione della stessa; 
  • non vi sarà diritto al rimborso in caso di esito negativo della ricerca o del procedimento.
Procedure collegate all'esito

Provvedimento finale:

  • Provvedimento di iscrizione anagrafica.
  • Provvedimento di riconoscimento della cittadinanza italiana.
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Vincoli

L’iscrizione nell’Anagrafe della popolazione residente del Comune dovrà essere mantenuta fino alla conclusione del procedimento di acquisto della cittadinanza italiana, e la cancellazione dall’anagrafe comporterà automaticamente l’interruzione di tale procedimento.

Casi particolari

Se la persona risiede all'estero è l'Autorità consolare italiana competente per territorio e cioè quella della giurisdizione in cui abita la persona stessa (esempio: per l'Argentina, se la persona risiede a Buenos Aires, la competenza sarà del Consolato Generale d'Italia in Buenos Aires, non il Consolato Generale d'Italia in Cordoba o Rosario).

Atti provenienti dall'Argentina

L'accordo tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Argentina firmato a Roma il 9.12.1987, ratificato con L. n. 533/1988, disciplina lo scambio degli atti dello stato civile e la possibile esenzione della legalizzazione a condizione che siano datati, muniti della firma e, se necessario, del timbro dell'Autorità dell'altra parte che li ha rilasciati.

Qualora non risulti la legalizzazione della competente Autorità consolare, tutta la documentazione dovrà essere presentata corredata della Apostille dell'Aja (Convenzione del 5 ottobre 1961).

Al momento tale procedura si ritiene possibile esclusivamente per gli atti che provengono direttamente dai consolati italiani, in quanto se presentati direttamente dal cittadino in Italia si tratta di stampe scaricate direttamente da un sito internet dove, per controllarle, l'ufficiale dello stato civile dovrebbe entrare in un sito straniero e navigare tale sito in lingua straniera. Inoltre, tale stampa, dovrebbe poi essere certificata conforme al documento informatico ai sensi dell'art. 23 del Codice dell'Amministrazione digitale, competenza che si ritiene non sia dell'ufficiale dello stato civile.

L'apostille elettronica sugli atti della Repubblica Argentina

Dal 15 aprile 2019 l'Argentina ha implementato il sistema di Gestione Documentale Elettronica quale unico mezzo per l'apposizione di apostille e delle legalizzazioni di validità internazionale, ed è stato creato un registro elettronico centralizzato di tutte le apostille e le legalizzazioni rilasciate dalle loro autorità, consultabile su un sito web governativo. Tale procedura è stata dichiarata dall'Agid (Agenzia per l'Italia Digitale) coerente con le disposizioni vigenti in materia nel nostro ordinamento (circolare del Ministero dell’Interno n.77 del 7/07/2022). Di conseguenza:

  • gli atti argentini redatti in formato pdf e sottoscritti con firma digitale costituiscono documento originale informatico;
  • l'apostille elettronica apposta al documento informatico conformemente alla convenzione dell'Aja del 1961 attesta l'autenticità della firma, il titolo secondo il quale il firmatario ha agito e l'identità del sigillo o del bollo di cui l'atto è rivestito, ma non certifica il contenuto dell'atto sul quale è presente;
  • la presenza della firma digitale sull'apostille che è apposta sull'atto pubblico al quale si riferisce attestandone l'autenticità della firma, nonché il titolo secondo il quale il firmatario ha agito, è garanza dell'immodificabilità e autenticità del documento informatico costituito da apostille e atto pubblico ad esso riferibile.

Ne consegue che l'apostille elettronica rilasciata dall'autorità argentina, una volta verificata, ne costituisce un'attestazione di conformità rilasciata dal pubblico ufficiale argentino a ciò autorizzato, e il documento prodotto dal cittadino argentino all'ufficiale di stato civile è copia cartacea di un documento informatico che contiene gli elementi tramite i quali è possibile verificare, esclusivamente per i documenti rilasciati a partire dal 15/04/2019, la corrispondenza allo stesso della copia analogica.

Per gli atti antecedenti al 15/04/2019, non essendo possibile effettuare per via telematica la verifica dell'apostille con le modalità prima elencate, i cittadini argentini dovranno richiedere alle competenti autorità consolari l'apposizione di una valida apostille, prima dell'esibizione del documento all'ufficiale di stato civile.

Riconoscimento della discendenza da ceppo italiano da parte di cittadini brasiliani discendenti da avi italiani rientranti nel decreto brasiliano del 1889, c.d. della "Grande Naturalizzazione"

È stata pubblicata il 24/08/2022 la sentenza della Corte di Cassazione Sezioni Unite n. 354/2022 relativa al contenzioso inerente la perdita della cittadinanza italiana per i cittadini di origine italiana che avessero beneficiato dell’acquisto della cittadinanza brasiliana, a seguito della cd. Grande Naturalizzazione brasiliana del 1889.

Le Sezioni Unite, con la sentenza citata, hanno escluso che la Grande Naturalizzazione possa avere comportato la perdita della cittadinanza italiana: pertanto, i cittadini di origine italiana che avessero, all’epoca, acquistato la cittadinanza brasiliana, per automatismo disposto dal decreto del governo brasiliano, hanno mantenuto la cittadinanza italiana e possono, dunque, averla trasmessa ai propri discendenti.

Con questa decisione si definisce una disputa giurisprudenziale che si era aperta da qualche tempo, a seguito di una sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva disposto la perdita della cittadinanza italiana per coloro che fossero diventati brasiliani a seguito della Grande Naturalizzazione brasiliana: il Ministero dell'Interno, aveva emanato la nota n. 64525 in data 8/10/2021, con la quale, in relazione ai contrastanti orientamenti, disponeva che tali procedimenti fossero momentaneamente sospesi in attesa di una pronuncia della Cassazione, come appunto avvenuto con la sentenza in questione delle Sezioni Unite.

La richiesta "diretta" di trascrizione degli atti di stato civile formati all'estero

La richiesta all'ufficiale di stato civile, da parte di cittadini stranieri non residenti, di procedere alla trascrizione dei propri atti di stato civile in quanto discendenti diretti da un cittadino italiano o ascendenti di cittadini riconosciuti cittadini italiani, non può essere accolta senza allegare documentazione (passaporto italiano o certificazione di cittadinanza italiana rilasciata dal console italiano), che provi il possesso della cittadinanza italiana da parte del richiedente.

In tal senso il richiamo alle seguenti norme: 

  • artt. 12 e 17 del D.P.R. n. 396/2000; 
  • art. 1 della L. n. 91/1992, fanno riferimento a fattispecie completamente diverse e non possono essere fondamento per legittimare la richiesta.

La trascrizione degli atti di stato civile formati all'estero, nella fattispecie in esame, ha come effetto sostanziale quello di formalizzare e concretizzare l'avvenuta dichiarazione di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Precisamente quando la trasmissione in Italia degli atti di stato civile ai fini della trascrizione avviene tramite l'autorità consolare all'estero, e il Consolato effettuerà la trasmissione, previa verifica della regolarità degli atti, soltanto a conclusione di un procedimento di verifica del possesso della cittadinanza italiana.

Quando invece la richiesta di trascrizione degli atti di stato civile viene effettuata direttamente dagli interessati, all'ufficiale di stato civile è richiesto di verificare che il richiedente sia cittadino italiano.

Pertanto per ottenere la trascrizione dell'atto come cittadino italiano, non è sufficiente presentare all'ufficiale dello stato civile un atto di nascita semplicemente invocando il possesso della cittadinanza italiana per discendenza: se così fosse qualsiasi cittadino potrebbe farlo, eludendo la legge ed evitando qualsiasi ulteriore adempimento.

È invece necessario che la trascrizione dell'atto sia preceduta da un procedimento ricognitorio sulla sussistenza dei requisiti che avrebbero consentito la trasmissione della cittadinanza all'avo fino al richiedente, e in tal caso l'ufficiale di stato civile è competente allo svolgimento di tale adempimento soltanto se l'interessato è residente nel Comune; viceversa, se l'interessato risiede all'estero, la competenza è del Consolato (vedi parere del Consiglio di Stato, sez. I, n.3759/2013 del 20/02/2019, e la circolare del Ministero dell'Interno n. 8/2019).

Riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana iure sanguinis: necessità che la pronuncia del Tribunale sia definitiva.

L'ufficiale dello stato civile per poter provvedere alla trascrizione nei registri di sentenze o ordinanze dichiarativa della cittadinanza italiana iure sanguinis, deve controllare che l'istanza di trascrizione sia accompagnata dall'apposita attestazione di cancelleria (ovvero del certificato di passaggio in giudicato o di non interposto appello), di cui l'art. 124 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.

Ulteriori informazioni

Conseguenze in relazione al rigetto delle domande di iscrizione anagrafica o di riconoscimento della cittadinanza italiana

Il procedimento di stato civile di riconoscimento della cittadinanza italiana, e quello d’anagrafe di iscrizione in ANPR, necessario per poter presentare la richiesta all’ufficiale di stato civile del Comune, sono separati, ma ciò non toglie che vi possano essere interferenze tra i due in applicazione del regolamento anagrafico e di stato civile.

Se in occasione dei controlli necessari per verificare il possesso dei requisiti per l’iscrizione in ANPR, l’ufficiale di anagrafe rilevasse il non possesso della dimora abituale e rigettasse l’istanza di residenza, l’ufficiale di stato civile non sarebbe più competente a proseguire l’istruttoria per il riconoscimento della cittadinanza italiana, poiché il cittadino non è mai stato residente e quindi dovrebbe rigettare la sua istanza per incompetenza.

Se, invece è l’ufficiale di stato civile a non rilevare i requisiti sufficienti a riconoscere la cittadinanza italiana, e quindi a rigettare l’istanza, l’ufficiale di anagrafe, anche se si sono conclusi i termini per la conferma della residenza anagrafica, dovrà annullare il provvedimento di iscrizione anagrafica poiché decadono i presupposti in base ai quali il cittadino era stato iscritto: non essendo cittadino straniero discendente da avo italiano non poteva essere iscritto in forza della circolare del Ministero dell’Interno n.32/2007, ovvero doveva presentare il permesso di soggiorno. 

Infatti, il cittadino extracomunitario può richiedere la residenza, ai sensi della citata circolare n. 32/2007, senza produrre il permesso di soggiorno, ma in quanto richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis beneficia della condizione di favore, per cui viene iscritto esclusivamente producendo il passaporto con timbro di ingresso se proveniente da area extra-Schengen oppure con la produzione della dichiarazione di presenza se proveniente da Paesi appartenenti all’area Schengen.

Quindi, riassumendo:

  • se l’ufficiale d’anagrafe rigetta l’istanza di residenza, o annulla l’iscrizione anagrafica, l’ufficiale di stato civile deve rigettare la domanda di riconoscimento iure sanguinis per incompetenza, in quanto non essendo il cittadino mai stato residente, l’ufficiale di stato civile non era competente a recepire la domanda di riconoscimento della cittadinanza;
  • se l’ufficiale di stato civile rigetta la domanda di riconoscimento della cittadinanza italiana, l’ufficiale d’anagrafe deve annullare l’iscrizione anagrafica se già iscritto, o rigettare la domanda di residenza se l’istruttoria è ancora in corso. Il cittadino, infatti, non essendo discendente da avo italiano, in quanto gli è stata rigettata la domanda, non può essere iscritto beneficiando della norma di favore, che esclude la presentazione del permesso di soggiorno.

La natura vincolata della valutazione dell’ufficiale di stato civile degli atti di stato civile stranieri

Di fronte agli atti di stato civile stranieri e ai documenti acquisiti d’ufficio (copie integrali degli atti di stato civile italiani, certificati storici di residenza...), la valutazione dell’u.s.c. è strettamente vincolata, e non vi può essere margine di diversa valutazione: per potersi riconoscere la cittadinanza italiana iure sanguinis deve essere riscontrabile la cittadinanza italiana del genitore e la filiazione. «È cittadino per nascita il figlio di padre o di madre cittadini».

L’attività dell’u.s.c. è di natura vincolata: nell’attività amministrativa posta in essere dagli uffici dello stato civile non vi può essere alcuna discrezionalità, nel senso che questi sono chiamati unicamente ad applicare la legge e i dettami contenuti in circolari ministeriali (art. 9, c.1, del D.P.R. n. 396/2000), se la fattispecie considerata risponde ai requisiti legislativi, può applicarsi la norma che di volta in volta viene in rilievo; in caso negativo, invece, la norma non può applicarsi e l’u.s.c. non può sopperire alla mancanza dei presupposti legislativi con valutazioni discrezionali.

A conferma di ciò, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 11696 del 14/05/2018, ha affermato che l’attività dell’u.s.c. risulta «del tutto priva di discrezionalità amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolatività».

La materia della cittadinanza, inoltre, è connotata dal fatto che il privato cittadino è titolare di una posizione giuridica qualificabile in termini di diritto soggettivo, il che equivale a dire che se la richiesta dall’interessato corrisponde a quanto previsto dalle norme, è suo diritto soggettivo ottenere il beneficio desiderato, senza che la pubblica amministrazione possa esercitare delle scelte discrezionali. In altri termini, se il soggetto che si rapporta con l’ente pubblico ha diritto ad ottenere un determinato beneficio, non è nelle facoltà della Pubblica Amministrazione opporre un rifiuto discrezionale.

Se l’attività dell’u.s.c. è vincolata lo è anche la valutazione documentale necessaria nell’istruzione del procedimento amministrativo di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis. Tale vincolo si esprime nell’impossibilità di accertare che vi sia una linea di discendenza se non vi è esatta corrispondenza nei cognomi tra il richiedente il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis e coloro che ritiene essere i suoi avi, anche qualora tale differenza fosse minima (Bianchi e Bianco, per fare un esempio).

Questo in quanto la disciplina italiana in materia di cognome, prevedeva (art. 185 del codice civile) ed ha previsto (art. 262 del codice civile nella versione precedente alle modifiche apportate dalla Corte costituzionale nel 2022 ) per molto tempo che il figlio assumesse il cognome del genitore che per primo lo riconosceva o, in caso di genitori coniugati, il cognome paterno, tramandano pertanto di generazione in generazione il medesimo, identico cognome. E’ pertanto giocoforza escludere il rapporto di filiazione tra due soggetti che non riportano il medesimo identico cognome.

Non vale a dimostrare l’ipotetico rapporto di filiazione, messi a confronto i relativi atti di stato civile, la coincidenza di altri dati personali: l’analisi degli atti da parte dell’u.s.c. non può avere margini discrezionali e i documenti stessi non possono essere frutto di libera interpretazione, i dati personali delle persone coinvolte devono coincidere interamente e, se così non fosse, l’unica logica conclusione possibile è quella secondo cui si sta parlando di due persone diverse.

Margini di tollerabilità possono riguardare alcuni casi specifici, quali la «traduzione» nella lingua del Paese di emigrazione dell’avo di alcuni nomi propri, sebbene sia formalmente una discrepanza nei dati personali, non impedisce la ricostruzione della linea di discendenza: Marco è Marcos, semplicemente il nome proprio viene declinato nella lingua del nuovo Paese ospitante.

Comunque questo non può valere per il cognome, il quale deve rimanere inalterato, non potendo questo essere soggetto a traduzione.

Allo stesso tempo, se il Comune italiano di nascita viene indicato negli atti stranieri come la Regione o la Provincia di appartenenza di quel Comune, non si tratta di discrepanza che possa escludere la discendenza, così come la città straniera potrebbe essere indicata in altri atti di stato civile con un nome diverso (è frequente che Buenos Aires diventi Capital Federal).

Queste discrepanze non sono assimilabili a quelle che possono riguardare il cognome o l’età dei soggetti coinvolti: il cognome di una persona viene attribuito al momento della nascita e quello deve rimanere, così come l’età di una persona non è un calcolo opzionale.

Nel momento in cui l’u.s.c. dovesse rilevare una difformità negli atti di stato civile che dovessero comportare la possibilità che la richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana non venga accolta, si deve procedere ad emanare un preavviso di diniego all’accoglimento della richiesta, ai sensi dell’art. 10-bis legge 241/1990, spiegando le ragioni ostative all’accertamento della linea di discendenza italiana, con il quale l’interessato potrebbe integrare la sua richiesta con altra e ulteriore documentazione che possa comprovare il legame di discendenza o, in alternativa, di sospendere il procedimento ai sensi dell’art. 2, comma 7 legge 241/1990, per un termine massimo di 30 giorni, al fine di consentire, con un termine di tempo maggiore, l’integrazione documentale richiesta. 

Qualora, al termine del periodo di sospensione concesso, non dovesse essere prodotta la documentazione necessaria, l’unica conclusione possibile del procedimento sarebbe in termini negativi (preceduta ovviamente dal preavviso ex art. 10-bis).

Riferimenti normativi

Per l'iscrizione anagrafica:

  • L. 24 dicembre 1954 n.1228,  
  • D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223,
  • Circolare Istat serie B n.29/1992
  • Circolare del Ministero dell’Interno n. 32/2007

Per il riconoscimento della cittadinanza italiana:

  • Artt. 1 e 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
  • Sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 9 febbraio 1983;
  • Circolari del Ministero dell’Interno: n. K.28.1. dell’8 aprile 1991, n. 28 del 23 dicembre 2002, n. 32 del 13 giugno 2007 e n. 52 del 28 settembre 2007;
  • Legge 28 maggio 2007, n. 68;
  • Massimario di Stato civile - edizione 2012 - capitolo IV;
  • parere del Consiglio di Stato, sez. I, n.3759-2013 del 20/02/2019.
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04
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